Come un Delirio

 

Smarrito il tempo
delle dolci carezze,
per te favole, sogni
e notturni incubi.
Le giovani mani
sui tuoi capelli
non erano favole,
sogni, o incubi,
carezze di felicità.
Non si cancellerà
quel lontano tempo,
almeno per chi amava.
Sugli assolati campi
svelta correva la lepre,
tu con veloce passo
sulla bianca strada
canticchiando allegramente
andavi felice verso casa.
Hai posato gli occhi
su un giovane cuore
e ancora batte per essi.
L’appena maturo petto
s’accostò sull’altro…
e nacque vero amore
d’innocenti ragazzi.
Dimmi: quale mare può
essere sempre calmo?
basta saper navigare
per tornare al porto.
Nelle case dei poveri,
(così erano le nostre case)
si custodiva il pane,
si sapeva del domani
l’incubo della fame.
A quel tempo lontano,
era piacevole l’odore
del trinciato conciato
con buon vino cotto
di quel bravo uomo,
che gustosamente fumava,
e che amavo come Padre.
Come un delirio
che pugnala a sangue,
imploro alla volontà
di cancellare tracce
d’ogni giorno lontano.
Ancora ricordi bussano
come pietre scagliate
sull’innocente corpo.
Mi abbandono alla tomba
che si apre sul cuore,
ricordare è come morire.
Le tue forme armoniose
non si curavano della
brocca di coccio piena
che portavi in testa
con sicuro passo a casa.
Ogni racconto o poesia
hanno sempre una fine.
Finamente riesco a evadere
dalle pietre scagliate,
e mi chiudo a riccio
con le molteplici spine
che trafiggono il cuore.

ore 22, 7 ottobre, 2010