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Paul Auster, i romani imperdibili

di CRISTINA TAGLIETTI La narrativa dello scrittore americano si è strutturata attorno a due elementi: la sua vita e la sua città. Qui la ripercorriamo in cinque titoli, compresa la sua opera più famosa: «La trilogia di New York»

Le tragedie famigliari di Paul Auster: l’overdose di eroina del figlio Daniel, la morte della nipotina

Il primogenito di Auster morì a causa di una overdose di eroina nel 2022: era stato arrestato e poi rilasciato su cauzione in attesa del processo per la tragica fine della figlia Ruby, di 10 mesi La letteratura ha preso il posto della vita di Paul Auster tantissime volte. È successo che abbia assunto le sfumature orribili di una tragedia. La precarietà esistenziale, uno dei temi tanto cari a questo gigante della letteratura, che se ne è andato ieri per un cancro a 77 anni, è diventata realtà nell’aprile di due anni fa, quando il figlio Daniel, 44 anni, morì per un’overdose di eroina.Una storia atroce. Daniel Auster era stato arrestato il giorno di Pasqua 2022 e poi rilasciato su cauzione in attesa del processo per la morte della figlia Ruby di 10 mesi, avvenuta nell’inverno del 2021. La piccola era stata uccisa da fentanyl e eroina. In casa, quel giorno, c’era proprio il padre, Daniel Auster, che poi verrà accusato di omicidio colposo. Disse che la figlia aveva ingerito la droga mentre lui dormiva.Chi era Daniel AusterDaniel, figlio del primo matrimonio di Paul con Lydia Davis, era un «dannato»: venne arrestato numerose volte per droga, campava attraverso piccoli furti. Daniel poteva benissimo essere uno dei personaggi di Sbarcare il lunario, romanzo del 1997 (tutto Auster è edito in Italia da Einaudi). Il miracolo della letteratura qui è il figlio che può diventare il padre: nel libro, Paul raccontava di come campò a Parigi dei lavori più disparati, tra cui saltuarie collaborazioni con giornali, traduzioni di opere dal francese, in una precarietà che sembrava eterna. Daniel è anche il ragazzo che ruba un libro nel film Smoke (1995), girato proprio dal papà: un’apparizione brevissima, che riletta con il bagaglio di ricordi di oggi è ancora più dolorosa.L’album fotografico di Siri HustvedtÈ emozionante scorrere le foto struggenti della seconda moglie e scrittrice Siri Hustvedt su Instagram: la famiglia di Auster che rinasce con l’arrivo di un altro nipotino, Miles, nato lo scorso Capodanno, primogenito della figlia Sophie. Lo sguardo di Paul che si incrocia con quello del neonato, la naturalezza di uno scambio segreto in cui gli occhi di un uomo maturo, prossimo alla morte, infondono speranza in quelli di una creatura appena venuta al mondo. «Penso che sarebbe terribile essere da soli a Cancerland», scrisse Siri annunciando la malattia del marito sui social un anno fa (Auster non usava il cellulare).La storia famigliare di Auster ha vissuto un altro capitolo letterario con L’invenzione della solitudine (1982), romanzo autobiografico «dall’originale intreccio di saggio, fiction e autobiografia», un libro struggente e fulminante che nacque dall’esperienza della morte del padre di Paul, con cui ebbe un rapporto difficilissimo. Nell’ultima opera, Baumgartner, il protagonista non si è invece mai rassegnato alla perdita dell’amata moglie Anna, traduttrice e poetessa: anzi, ha smesso totalmente di vivere, come ha scritto Alessandro Piperno in una recensione pubblicata su «la Lettura».«I momenti di crisi raddoppiano la vitalità negli uomini. O forse, più in soldoni: gli uomini cominciano a vivere appieno solo quando si trovano con le spalle al muro», scrisse Auster ne Il libro delle illusioni (2002). Paul, che la vita ha costretto fino all’ultimo con le spalle al muro, ha saputo dipingere le pareti della stanza in cui ha vissuto con struggente e toccante grazia. 1 maggio 2024 (modifica il 1 maggio 2024 | 13:08) © RIPRODUZIONE RISERVATA

È morto Paul Auster, gigante della letteratura, voce di New York: aveva 77 anni

Lo scrittore americano era malato di cancro, lo aveva annunciato la moglie Siri Hustvedt su Instagram. Occupò uno spazio che prima non esisteva nella narrativa americana Paul Auster, il prolifico scrittore americano autore della «Trilogia di New York», è morto per complicazioni dovute a un cancro ai polmoni: la notizia è stata data dal New York Times. Aveva 77 anni. Auster è morto nella sua casa di Brooklyn. Prima di «Cancerland», la terra del cancro, come la moglie Siri Hustvedt aveva definito quella zona di dolore e malattia in cui il marito era finito dal dicembre 2022, quando gli era stato diagnosticato un tumore al polmone, Paul Auster aveva avuto modo di conoscere da vicino i rovesci del destino, o del caso, capaci di trasformare un’esistenza in tragedia. «I lutti, gli incidenti, gli incontri, i fiori non colti, i sentieri ignorati decidono per nostro conto», scriveva, raccontando che nulla nella vita lo aveva sconvolto come l’aver assistito alla morte di un ragazzino colpito da un fulmine, quando aveva soltanto quattordici anni.«Vivere con qualcuno che ha il cancro e viene bombardato con la chemioterapia e l’immunoterapia è un’avventura di vicinanza e separazione — aveva scritto Siri Hustvedt su Instagram annunciando ai lettori e al mondo la malattia del marito, il meno tecnologico degli scrittori contemporanei —. Bisogna essere abbastanza vicini per sentire i trattamenti, snervanti, quasi fossero i tuoi. E abbastanza lontani da poter essere un aiuto efficace. Troppa empatia può rendere una persona inutile. Camminare in equilibrio su questo filo non è sempre facile, certo, ma è il vero lavoro dell’amore». Chi era Paul AusterNarratore finissimo che negli anni Ottanta con i romanzi della Trilogia di New York ha creato — e occupato — uno spazio che prima non esisteva nella narrativa americana, Auster ha raccontato nel folgorante memoir L’invenzione della solitudine della morte del padre, ma anche che la nonna paterna aveva assassinato il marito, un segreto tenuto a lungo nascosto e scoperto quasi per caso. Nel 2022 aveva dovuto affrontare la morte del figlio Daniel, avuto dalla prima moglie, Lydia Davis, anche lei scrittrice, stroncato da una overdose dopo che, a sua volta, aveva perso la sua bambina di dieci mesi per aver ingerito, lasciata incustodita, psicofarmaci ed eroina. Nato a Newark, nel New Jersey (come l’altro gigante statunitense Philip Roth), il 3 febbraio 1947 da genitori ebrei originari dell’Europa orientale (il nonno paterno era emigrato nel 19001 dalla città ucraina Ivano-Frankivsk), dopo la laurea alla Columbia University Auster trascorse un periodo a Parigi vivendo dei lavori più disparati, lezioni private, saltuarie collaborazioni con giornali, traduzioni di opere dal francese, in una precarietà continuata anche dopo il matrimonio con Lydia Davis e la nascita del primo figlio, Daniel, come racconterà più tardi, nel 1997, in Sbarcare il lunario: «A cavallo dei trent’anni vissi un periodo in cui tutto quello che toccavo si trasformava in un fallimento. Il mio matrimonio si concluse con un divorzio, il mio lavoro di scrittore andò a picco, e mi ritrovai assillato da problemi finanziari ». Le prime opere e il successoNel 1974 si stabilisce a New York e pubblica la raccolta di versi Unearth, a cui seguono, tra gli altri, la pièce teatrale Laurel and Hardy go to heaven (1977) e il suo primo testo in prosa, White spaces (1980). Ma è con L’invenzione della solitudine (1982), in cui il ritratto del padre, un uomo «caparbio, opaco, come immune dal mondo», si mescola a un complesso di voci di scrittori e artisti che hanno influenzato la sua voce, che il suo nome si impone in modo decisivo nel panorama letterario statunitense, mentre il successo internazionale arriva con la pubblicazione della Trilogia di New York, che comprende Città di vetro (1985), Fantasmi (1986) e La stanza chiusa (1987). Tre romanzi Liberal, impegnato nelle battaglie civili e politiche di sinistra, Auster è stato un grande sostenitore di Obama e un feroce oppositore della presidenza Trump e nei mesi scorsi ha condannato duramente l’invasione russa in Ucraina, paragonando il presidente russo Vladimir Putin a Hitler. Definiva la moglie, Siri Ustevedt, scrittrice e studiosa di psicoanalisi, con cui viveva a Brooklyn dal 1981 e da cui ha avuto la figlia Sophie, «una delle migliori menti» che avesse conosciuto: «È lei l’intellettuale della famiglia, non io, e tutto so che di Lacan e Bachtin, l’ho imparato direttamente da lei» confessò a I. B. Siegumfeldt nel libro intervista Una vita in parole. Autore di diciotto romanzi e cinque libri autobiografici, negli anni Novanta Auster ha dato voce alla sua passione per il cinema scrivendo e dirigendo due film insieme a Wayne Wang, Smoke e Blue in the Face, a cui sono seguiti Lulu on the Bridge e La vita interiore di Martin Frost nel 2007. Lo stile e i temiNei romanzi di Paul Auster, baciati da una scrittura in stato di grazia, è dominante il senso di alienazione e straniamento dei personaggi, l’identità individuale appare come una condizione fluida legata anche alla precarietà dell’esistenza, mentre la memoria è sempre qualcosa che va al di là della pura esperienza personale: «Non è tanto la storia mia che mi interessa, ma usare le mie esperienze per pormi delle domande a proposito del mondo» aveva spiegato a «la Lettura» conversando con l’amico David Grossman. Auster ha spesso giocato nei suoi romanzi con l’io narrativo e l’io reale, come in Città di vetro dove lo scrittore di gialli Daniel Quinn «perduto non solo nella città ma anche dentro di sé» una notte riceve la telefonata di qualcuno che cerca Paul Auster. O come ha fatto nell’audace 4321, romanzo ancora una volta capace di frantumare il concetto stesso di identità raccontando in quattro maniere diverse le quattro vite possibili, eppure reali, di Archie Ferguson. Quattro trame che procedono in parallelo e in cui, a seconda delle versioni, i protagonisti sono buoni o cattivi, ricchi o poveri. L’ultimo libroNel 2021, dopo anni di studio e ricerche, aveva pubblicato Ragazzo in fiamme (pubblicato in Italia, come tutti i libri di Auster da Einaudi), una vita esemplare che arriva dritto dall’Ottocento: quella di Stephen Crane (1871-1900). In oltre mille pagine Auster racconta la breve parabola di uno scrittore dimenticato, l’autore di Il segno rosso del coraggio, morto di tubercolosi a 28 anni nel 1900: «Più sono riuscito a conoscerlo, più l’ho sentito come un altro personaggio dei miei romanzi» aveva detto. La morte, e il lutto, è stato il tema dell’ultimo scritto di Auster intitolato Baumgartner, dal cognome del protagonista Seymour Baumgartner, professore settantenne che non trova pace dopo la perdita della moglie Anna. Un libro breve, dal tratto intimo, una riflessione sulla vecchiaia, capace di mescolare ironia e tenerezza.